L'AI Act europeo traballa: Bruxelles tentenna di fronte alle lobby tech

17 Giugno 2025 - 10:43
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L'AI Act europeo traballa: Bruxelles tentenna di fronte alle lobby tech
Logo GDPR con stelle dell'UE su sfondo digitale

Doveva essere la legge del secolo sull'intelligenza artificiale. Invece, l'AI Act europeo rischia di trasformarsi in un gigante dai piedi d'argilla. La vicepresidente della Commissione europea Henna Virkkunen ha confermato quello che molti temevano: Bruxelles sta seriamente considerando di rimandare le parti più "scomode" del regolamento.

La domanda sorge spontanea: stiamo assistendo a un cedimento davanti alle pressioni delle lobby tecnologiche?

Quattrocento pagine per dire una cosa semplice

L'AI Act non scherza quanto a dimensioni: 400 pagine, 180 considerando, 113 articoli. Un mostro burocratico che però nascondeva un'idea rivoluzionaria: mettere dei paletti chiari a chi sviluppa intelligenza artificiale. Non tutto quello che si può fare, si deve fare.

Le regole erano chiare e, per una volta, sensate:

Basta con la manipolazione cognitiva dei più vulnerabili

Stop al social scoring alla cinese

Trasparenza obbligatoria per i sistemi che decidono se ti assumono, ti curano o ti condannano

Diritto di capire come e perché un algoritmo prende decisioni sulla tua vita

Riconoscibilità dei contenuti generati dall'IA

Limiti severi alla sorveglianza biometrica

Insomma, regole di buon senso che mettevano la persona al centro, non l'algoritmo.

Il gioco delle tre carte inizia

Ora però qualcosa si è inceppato. Secondo Politico, che raramente sbaglia su queste cose, l'Europa sta facendo marcia indietro. Difficoltà tecniche, dicono. Implementazione complessa, aggiungono. Sarà, ma il tempismo è sospetto: guarda caso, le pressioni arrivano proprio quando Washington ha cambiato registro sui controlli tech.

Durante l'ultima riunione dei ministri digitali, persino la Polonia - che di solito non si distingue per slanci etici - ha chiesto un rinvio "ben pianificato". Traduzione: aspettiamo e vediamo cosa succede.

Il tempo non è mai neutro

Ecco il punto: ogni mese che passa senza regole chiare è oro colato per le big tech. Mentre l'Europa discute sui dettagli tecnici, loro continuano a fare quello che gli pare. E quando finalmente arriveranno le norme, molte pratiche saranno già diventate "standard del settore".

È la solita storia: il vuoto normativo viene riempito da chi ha più potere, non da chi ha più ragione.

L'America bussa alla porta europea

Le pressioni non arrivano solo dalle aziende. Con il cambio di rotta negli Stati Uniti, anche la diplomazia si è messa in moto. L'obiettivo è chiaro: fermare l'AI Act prima che faccia davvero male ai giganti della Silicon Valley.

E sembra che stia funzionando.

Non si tratta di essere nemici del progresso

Qui nessuno vuole tornare alle macchine da scrivere. Il punto è un altro: chi deve decidere le regole del gioco digitale? I cittadini attraverso i loro rappresentanti, o un pugno di CEO della Silicon Valley?

Come disse John Charles Polanyi, premio Nobel per la Chimica: "Il rispetto dei diritti umani non è qualcosa da attaccare alla tecnologia come un optional. È parte della scienza stessa".

Il rischio della cornice vuota

L'AI Act rischia di diventare quello che gli inglesi chiamerebbero "much ado about nothing": tanto rumore per nulla. Una bella facciata senza sostanza, perfetta per i comunicati stampa ma inutile nella vita reale.

Mentre l'Europa tentenna, altri decidono. E quando ci sveglieremo, potrebbe essere troppo tardi per recuperare il controllo su tecnologie che stanno già rivoluzionando il modo in cui viviamo, lavoriamo e pensiamo.

Non è solo una questione tecnica o burocratica. È una scelta di civiltà: vogliamo un futuro digitale umano o algoritmico? Dove le macchine ci servono o dove noi serviamo le macchine?

L'AI Act era nato per rispondere a questa domanda. Ora il rischio è che la risposta arrivi da qualcun altro, molto lontano da Bruxelles. E molto meno interessato ai nostri diritti.