Google Opal: creare app senza scrivere codice è realtà

E se bastasse una frase ben scritta per costruire un’intera applicazione? Con Google Opal ci siamo davvero vicini. La nuova piattaforma sperimentale firmata Big G promette di democratizzare lo sviluppo di mini-app e automazioni, anche per chi non ha mai scritto una riga di codice.
Mini app in pochi click: ecco cosa fa davvero Opal
Google Opal nasce con un obiettivo chiaro: rendere lo sviluppo di applicazioni accessibile a tutti, anche ai non programmatori. Il funzionamento è sorprendentemente semplice: basta scrivere un prompt descrivendo cosa si vuole creare, e Opal genera automaticamente un flusso di lavoro (workflow) basato sui modelli generativi della casa madre, come Imagen 4 o PaLM.
Basta scrivere: “Generami un post per il blog con immagine e video”. In pochi secondi, Opal compone l’app, mostra i blocchi che la compongono (input testuale, generazione di immagine, formattazione, anteprima web…) e permette di modificarli a piacere. Tutto tramite una console visiva estremamente intuitiva.
Un editor visuale (davvero) per tutti
La piattaforma mette a disposizione un editor visivo che consente di esplorare e modificare ogni step del processo creativo. Ogni blocco è editabile singolarmente, inclusi i prompt specifici utilizzati dall’intelligenza artificiale per ciascuna operazione.
In pratica, è come smontare un'app pezzo per pezzo e ricostruirla esattamente come la si vuole. Cambiare il tema? Fatto. Aggiungere una nuova funzione? Basta dirlo in linguaggio naturale. Opal rielabora il prompt e aggiorna il flusso.
Gratuito, potente, condivisibile: dov’è la fregatura?
A oggi, Opal è completamente gratuito e consente di accedere alla potenza dei modelli AI di Google senza pagare un centesimo. L’unico limite la disponibilità: la piattaforma è ancora in fase sperimentale e accessibile solo dagli Stati Uniti. Chi vuole provarla dall’Italia dovrà usare una VPN americana, come quella integrata nel browser Opera.
Le app create possono essere condivise in un attimo grazie a link pubblici auto-generati, con la possibilità di gestire i permessi di accesso. Il risultato è un prodotto pronto all’uso, perfetto per chi vuole mostrare il proprio progetto senza passare da GitHub o server personali.
Ma Opal è solo un giocattolo?
Dipende da cosa si ha bisogno. Google non vuole ,almeno per ora, competere con strumenti professionali come N8N, piattaforma open source che consente automazioni complesse, multi-agente e altamente personalizzabili. N8N permette anche di connettersi a modelli AI non-Google e di sviluppare componenti custom.
Opal, invece, punta sulla semplicità: mini-app, micro-automazioni, flussi snelli ma funzionali. È la risposta perfetta per chi ha bisogno di creare contenuti, trasformare file, automatizzare processi ripetitivi… senza diventare uno sviluppatore.
Un esempio? E' possibile trasformare un video YouTube in testo, poi in un post per il blog, completo di immagine e layout web. Tutto con un prompt.
Dove sta andando l’AI no-code?
Opal è parte di una tendenza sempre più chiara: l’intelligenza artificiale non sta solo cambiando come lavoriamo, ma anche chi può farlo. Aprire la programmazione a chi non programma significa moltiplicare creatività, abbattere barriere e magari creare nuove professionalità.
Certo, siamo ancora agli inizi: qualche bug, limiti nelle personalizzazioni, e una certa dipendenza dalla “magia” dei prompt. Ma la direzione è tracciata.
Il futuro è nelle mani... di chi sa chiedere
Google Opal ci ricorda che non serve sapere tutto per creare qualcosa di utile. Basta sapere come chiederlo. Con le giuste parole, anche l’idea più semplice può diventare un’app vera, funzionante, condivisibile.
Fonti
-
Google DeepMind (canale YouTube ufficiale) – Video dimostrativo su Opal (luglio 2024)
-
Opal overview su GitHub (thread sperimentale) (in fase beta non ufficiale)