L’IA nella Pubblica Amministrazione: tra potenzialità e rischi dell’outsourcing tecnologico

20 Luglio 2025 - 11:57
21 Luglio 2025 - 09:40
 0  31
L’IA nella Pubblica Amministrazione: tra potenzialità e rischi dell’outsourcing tecnologico
Immagine creata da AI

IA in PA: un aiuto esterno non sempre indolore

Quando si parla di Intelligenza Artificiale applicata alla Pubblica Amministrazione, non si può ignorare una realtà evidente: in Italia la PA non sta sviluppando autonomamente queste tecnologie. A fornirle il supporto necessario è spesso il mercato privato, con un ricorso sempre più frequente all’outsourcing. Si tratta di una scelta logica: permette di accedere a soluzioni avanzate senza dover investire direttamente in ricerca e sviluppo.

Ma non è tutto oro quel che luccica. Il rischio principale è che si crei una dipendenza eccessiva da pochi grandi attori del tech, aziende che spesso operano al di fuori del controllo pubblico. E quando i dati gestiti riguardano i cittadini o i servizi essenziali, la questione diventa seria: si parla di privacy, di trasparenza e di sovranità digitale.

Bias e algoritmi: quando l’IA riproduce i nostri errori

Uno dei punti più delicati nell’uso dell’IA sono gli algoritmi di deep learning. Sono potenti, sì, ma non sono infallibili. E soprattutto, non sono neutrali. Il motivo? Imparano da noi. I dati su cui vengono addestrati sono spesso il frutto di una società piena di squilibri, e quando questi vengono replicati, l’IA rischia di farlo con una forza ancora maggiore.

Un esempio pratico? Immaginiamo un sistema che decide chi ha diritto a un sussidio o a un credito d’imposta. Se i dati storici sono distorti, il sistema tenderà a replicare quelle distorsioni. E il risultato? Discriminazioni involontarie, ma reali. Per evitarlo, serve una selezione accurata dei dati e una maggiore trasparenza sui criteri di funzionamento degli algoritmi.

L’AI Act: nuove regole per un vecchio problema

A livello europeo, si è cominciato a muoversi. L’AI Act, approvato nel 2024, è il primo tentativo serio di regolamentare l’uso dell’Intelligenza Artificiale, soprattutto nei settori sensibili come la Pubblica Amministrazione. Il cuore del regolamento è la classificazione dei sistemi IA in base al livello di rischio: più alto è il rischio, più stringenti saranno le norme da rispettare.

Tra i punti chiave: tracciabilità dei dati, possibilità di intervento umano e valutazioni preventive. Per la PA, quindi, non basta più adottare una tecnologia: deve farlo nel rispetto di regole chiare, che tutelano i cittadini e garantiscono un uso etico e trasparente dell’IA.

GDPR e compliance by design: prevenire è meglio che curare

Altro pilastro fondamentale è il GDPR (Regolamento Europeo sulla Protezione dei Dati). La PA, quando si affida a fornitori esterni, deve assicurarsi che il trattamento dei dati avvenga in conformità con la normativa. E qui entra in gioco un concetto chiave: la “compliance by design”. In pratica, significa integrare fin dall’inizio i requisiti di sicurezza e di etica nello sviluppo delle soluzioni di IA.

Non si tratta di un dettaglio: è un cambio di prospettiva. Anticipare i problemi, invece di affrontarli a posteriori, permette di costruire sistemi più sicuri, più trasparenti e più affidabili. E in un contesto in cui i cittadini chiedono sempre più conto del trattamento dei loro dati, è una strada obbligata.

Verso una PA più intelligente, ma umana

Insomma, l’Intelligenza Artificiale può davvero fare la differenza per la Pubblica Amministrazione. Può rendere i servizi più veloci, i processi più trasparenti e l’accesso ai benefici più equo. Ma solo se usata con consapevolezza.

La sfida non è solo tecnologica, ma anche culturale. Richiede una visione lungimirante, una governance solida e una capacità di fare sistema tra pubblico e privato, senza perdere mai di vista i valori fondamentali. La PA del futuro non dovrà solo essere più intelligente. Dovrà essere, prima di tutto, più responsabile.