Intervista a Michele Sardo, direttore del Quotidiano di Palermo

Incontrare Michele Sardo è sempre un piacere. Giornalista esperto, sensibile, acuto. Ma questa volta c'è un dettaglio che rende l’incontro ancora più curioso: sia io che lui abbiamo registrato le nostre rispettive testate giornalistiche esattamente lo stesso giorno. Un caso? Una coincidenza simbolica? Forse. Quel che è certo è che già da tempo il Quotidiano di Palermo (https://quotidianodipalermo.it/) è diventato un punto di riferimento per il racconto della città, e oggi ho il piacere di intervistare il suo direttore.
Michele, apriamo con una domanda che è anche un modo per raccontarvi: qual è l’identità profonda del Quotidiano di Palermo, il rapporto che cercate con i lettori?
Il Quotidiano di Palermo nasce con una missione chiara: raccontare Palermo dall’interno, con uno sguardo autentico, critico e costruttivo. La nostra identità affonda le radici in un giornalismo di prossimità, fatto di ascolto dei cittadini, di inchieste sul territorio e di attenzione quotidiana ai piccoli e grandi cambiamenti che attraversano la città. Cerchiamo un rapporto diretto con i lettori: vogliamo che si riconoscano nel nostro racconto, ma anche che ci mettano in discussione, che ci segnalino storture, che partecipino. Una missione che adesso diventa ancora più forte e competitiva grazie a Mediali Srl, società di comunicazione palermitana che ha rilevato il giornale credendo ciecamente nel progetto avviato due anni fa.
Passiamo ora a un tema che ci sta molto a cuore: l’intelligenza artificiale. Il nostro giornale, TerzaNotizia, dedica grande attenzione all’impatto delle nuove tecnologie sul giornalismo e sulla società. Secondo te, in che modo l’intelligenza artificiale ha già cambiato il lavoro quotidiano del giornalista? È davvero uno strumento o rischia di diventare un filtro deformante della realtà?
L’intelligenza artificiale ha già cambiato il nostro mestiere. Se usata bene può essere un grande aiuto. Noi la usiamo per la trascrizione automatica delle interviste, per l’analisi dei dati, come un moderno correttore di bozza e a volte per creare immagini di copertina ad effetto. Ai riesce ad allegerire il carico operativo, lasciando più spazio all’approfondimento e all’indagine. Ma attenzione a non farla diventare un filtro distorto. Se non utilizzata correttamente, rischia di creare bufale e fake news. Per loro natura, strumenti come chatgpt tendono ad omologare e lavorano su schemi e strutture predefinite. E in assenza di informazioni dettagliate possono anche inventarsi qualcosa. Per questo dobbiamo ribadire un principio: l’AI può essere uno strumento prezioso, ma la responsabilità dell’informazione e soprattutto la verifica devono restare attività umane. L’occhio critico del giornalista, la sua capacità di contestualizzare e verificare, non sono delegabili a una macchina.
Avete mai utilizzato, anche solo sperimentato, strumenti di AI per la scrittura, il fact-checking o l’organizzazione dei contenuti? Qual è la vostra posizione sull’uso etico di queste tecnologie?
Siamo molto cauti sull’automazione della scrittura, in linea di massima non la utilizziamo: non vogliamo che gli articoli perdano la nostra impronta e il nostro stile. E poi non sarebbe onesto nei confronti dei nostri lettori. D'altronde se facciamo questo lavoro è anche perché amiamo scrivere. Far scrivere un pezzo ad una macchina è come vedere un cuoco che cucina con il Bimby.
Come direttore, quali pensi siano le sfide più urgenti che l’intelligenza artificiale pone oggi all’informazione locale, e in particolare al racconto di una città come Palermo?
Palermo è una città complessa, piena di contraddizioni ma anche di bellezza. Per raccontarla pienamente non basta un algoritmo. Servono presenza sul territorio, sensibilità, memoria storica, contatto diretto con i lettori. L’AI può aiutare, ma non può e non deve sostituire la capacità di ascoltare e comprendere il cittadino. Già è bastato il copia e incolla selvaggio a rovinare in parte la nostra professione. Se dovessimo fare l'errore grossolano di affidare ogni cosa ad una macchina sarebbe la fine della nostra professione. Dobbiamo sfruttare noi AI senza diventarne schiavi. Dobbiamo trarre vantaggio dalle innovazioni "intelligenti", senza farci fagocitare e annientare per pigrizia. Certo, per qualcuno è un modo per colmare le lacune. Ma questo è un altro capitolo e rischieremmo di andare fuori tema.
Grazie Michele per la tua disponibilità e per il lavoro che ogni giorno porti avanti con competenza e passione. Un grande in bocca al lupo da parte mia e da tutta la redazione di TerzaNotizia.