Le poesie dell'AI conquistano i lettori, tra emozioni e pregiudizi

18 Gennaio 2025 - 19:26
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Le poesie dell'AI conquistano i lettori,  tra emozioni e pregiudizi
Immagine generata co AI

Una storia affascinante o inquietante, sta scuotendo il mondo della poesia fino alle sue fondamenta.

Immaginate di leggere versi che vi fanno venire i brividi, solo per scoprire che non sono stati scritti da un essere umano, ma da un computer.

Sembra incredibile, vero? Eppure è proprio quello che sta accadendo.

Un gruppo di ricercatori dell’Università di Pittsburgh ha condotto un esperimento sorprendente. Hanno messo insieme poesie di autori celebri, come Shakespeare e Sylvia Plath, accanto a composizioni generate dall’intelligenza artificiale (AI), chiedendo poi a 1.634 partecipanti di distinguere tra i due gruppi.

Il risultato? La maggior parte delle persone non solo non è riuscita a riconoscere le poesie dell’AI, ma spesso le ha preferite a quelle dei grandi maestri.

C’è però un elemento curioso, quando i partecipanti scoprivano che una poesia era stata scritta da un algoritmo, il loro apprezzamento calava. Questo fenomeno rivela un pregiudizio radicato nella nostra mente, associamo la creatività esclusivamente all’essere umano. È come se ci fosse un blocco psicologico che ci spinge a pensare che una macchina non possa essere poetica.

Eppure, i dati dicono il contrario.

Secondo gli studiosi, le poesie dell’AI piacciono perché sono più immediate e accessibili. Mentre i poeti tradizionali spesso intrecciano riferimenti complessi e significati nascosti, l’AI tende a produrre versi più diretti, capaci di colpire subito il lettore.

È come confrontare un elaborato piatto gourmet con una semplice, ma perfetta, pasta al pomodoro: entrambi validi, ma apprezzati in modi diversi.

Questo non significa, però, che Shakespeare o Plath debbano temere per il loro posto nella storia.

L’intelligenza artificiale non intende sostituire i poeti umani, bensì rappresenta un nuovo strumento creativo. La sua ascesa ricorda l’introduzione della fotografia nel XIX secolo, quando molti temevano che avrebbe ucciso la pittura.

La realtà, però, è stata ben diversa, le due forme d’arte hanno coesistito e si sono arricchite a vicenda.

Viviamo in un’epoca straordinaria per certi versi, per altri la definirei abbastanza vuota, ma è indubbio che  la tecnologia ci spinge a ripensare i confini di ciò che definiamo arte.

Chissà, forse perfino Shakespeare oggi accetterebbe la sfida di una "battaglia poetica" con un computer. La vera vittoria, però, sta nella possibilità di godere di entrambe le esperienze, quella umana e quella artificiale.

E voi, lettori, vi sentireste pronti a leggere una poesia senza sapere se è stata scritta da un uomo o da una macchina?