Metodo STAR individua spermatozoi invisibili, Allegra: “Risultato promettente, ma ancora sperimentale”

Adolfo Allegra analizza le implicazioni cliniche e i limiti del metodo STAR, la tecnologia descritta su “The Lancet” che apre nuove prospettive nella fertilità maschile

Metodo STAR individua spermatozoi invisibili, Allegra: “Risultato promettente, ma ancora sperimentale”
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5 min di lettura

Un piccolo gruppo di ricercatori del Columbia University Fertility Center di New York ha raggiunto un traguardo che potrebbe rivoluzionare la medicina riproduttiva.

Il team, guidato da Zev Williams e coordinato da Hemant Suryawanshi, ha ottenuto la prima gravidanza clinica al mondo grazie a un sistema di intelligenza artificiale capace di identificare e isolare spermatozoi rari in un campione, che fino a ieri sarebbe stato considerato privo di vita. Il risultato è stato pubblicato sulla rivista "The Lancet".

L'innovativo sistema si chiama STAR, acronimo di Sperm Tracking and Recovery, e funziona come un microscopio intelligente, analizzando milioni di immagini in tempo reale e, attraverso un chip microfluidico, isola i pochi spermatozoi vitali che possono rendere possibile la fecondazione.

"Il nostro team comprende esperti in tecniche di imaging avanzatemicrofluidica ed endocrinologia riproduttiva per affrontare ogni singolo passaggio necessario per trovare e isolare gli spermatozoi rari", ha spiegato Suryawanshi, primo autore dell'articolo.

"Un campione di sperma può apparire del tutto normale, ma quando lo si guarda al microscopio si scopre solo un mare di detriti cellulari, senza spermatozoi visibili - ha aggiunto Williams, autore senior dello studio -. Per questo a molte coppie con infertilità maschile viene detto che hanno poche possibilità di avere un figlio biologico".

Il caso

Lui, 39 anni, presentava azoospermia, lei, 37 anni, una grave diminuzione della riserva ovarica e aveva già affrontato diciannove cicli di prelievo ovocitario senza mai riuscire a ottenere una gravidanza. Il sistema STAR, analizzando due milioni e mezzo di immagini in circa due ore,  è riuscito a individuare sette spermatozoi, di cui due erano motili. Quei due minuscoli segni di vita sono stati utilizzati per fecondare due ovociti, è hanno così dato origine a due embrioni. Tredici giorni dopo, il test di gravidanza era finalmente risultato positivo. Poco dopo, l'ecografia ha mostrato un battito fetale regolare, chiaro, pieno, come il suono di una promessa mantenuta.

“Basta un solo spermatozoo sano per creare un embrione”, ha ribadito Zev Williams rivelando che il prossimo passo sarà verificare la validità di questa tecnica con un maggior numero di casi e "già sono iniziati gli studi clinici tesi a valutare l'efficacia".

L'esperto

Su questo risultato abbiamo intervistato il professore Adolfo Allegra, direttore di ANDROS Clinica Day Surgery di Palermo, tra i massimi esperti italiani di medicina della riproduzione, per capire quanto questo risultato possa realmente cambiare la vita di chi oggi lotta contro l'infertilità e quali limiti restano da superare prima di parlare di una reale applicazione clinica.

"L'infertilità è un problema crescente, ma non perché ci sia un reale aumento delle patologie che la causano, piuttosto, è principalmente il risultato di un cambiamento culturale e sociale - spiega l'esperto -. Oggi, infatti, si tende ad avere figli sempre più tardi, e questo ha un impatto significativo. Inoltre l'età media della prima gravidanza in Italia è di 33 anni, rispetto ai 20 di cinquant'anni fa. È chiaro che più si invecchia, più la fertilità diminuisce, anche in assenza di malattie. Ma la natura non si adatta al progresso culturale, e se una donna cerca di avere un figlio a 35 o 40 anni, si trova di fronte a una fertilità fisiologicamente ridotta rispetto a quella che avrebbe avuto a 20".

"A questo si aggiungono fattori ambientali e comportamentali come inquinamento, fumo, comprese le sigarette elettroniche, consumo di alcol e droghe, nonché l'obesità, che, secondo uno schema quasi geometrico, è in costante aumento e influisce gravemente sulla fertilità sia maschile che femminile - prosegue -. I dati italiani ci dicono che circa una coppia su sei non riesce a concepire dopo un anno di tentativi. Quindi bisogna procreare da giovani e vivere in un modo più sano!".

"Riguardo allo studio pubblicato su The Lancet, va detto chiaramente che si tratta di un passo avanti scientificamente significativo, ma ancora isolato. Il metodo STAR, acronimo di Sperm Tracking and Recovery, rappresenta una straordinaria evoluzione nelle tecniche di imaging applicate alla riproduzione, poiché consente l'osservazione di milioni di fotogrammi in tempi estremamente rapidi e l'identificazione anche di pochissimi spermatozoi in campioni che, con l'osservazione convenzionale, apparirebbero completamente privi di cellule vitali. Tuttavia, stiamo parlando di un solo caso al mondo e tra la fase sperimentale e l'applicazione clinica intercorre in genere un lasso di tempo non inferiore ai cinque-otto anni - sottolinea -. Pertanto, non dovremmo incoraggiare l'idea che questo sistema possa "curare" immediatamente l'azoospermia perché nella maggior parte dei casi, chi non ha spermatozoi non li troverà nemmeno con STAR".

"Un aspetto molto positivo riguarda l'accessibilità economica delle tecniche di procreazione medicalmente assistita. In Italia e ancor più in Sicilia, la fecondazione in vitro è recentemente diventata disponibile, oltre che nelle strutture pubbliche, presso centri privati ​​accreditati convenzionati con il Servizio Sanitario Regionale - aggiunge -. Il costo totale, comprensivo di ammissione e compartecipazione alla donazione, è di circa 1.600 euro, sottolinea. Questo è importante, perché per decenni queste procedure sono state accessibili solo a chi poteva permettersi di coprire l'intero costo privatamente, spesso superiore ai 5.000 o 6.000 euro. Oggi, tuttavia, anche le coppie più giovani possono intraprendere la procreazione assistita con il supporto del Sistema sanitario pubblico. Ci sono liste d'attesa, certo, ma questo è un segno di civiltà ed equità sanitaria che attendevamo da tempo".

"Ritornando all'intelligenza artificiale, tengo a precisare che è già una realtà in medicina riproduttiva, ma deve essere utilizzata con cautela. Ad esempio, noi la utilizziamo per selezionare gli embrioni, analizzando immagini che ci permettono di distinguere quelli con il maggiore potenziale di successo da quelli con minori promesse. Tuttavia, l'IA ha un limite fondamentale, la cosiddetta scatola nera, che fornisce un risultato, ma non spiega il processo logico con cui è arrivata a esso - evidenzia -. E questo ha significative implicazioni etiche e medico-legali, perché il paziente deve sempre essere in grado di rispondere delle ragioni alla base di una decisione clinica. Il medico deve interpretare, non delegare e l'intelligenza artificiale non può sostituire il giudizio umano".

"È importante ricordare anche che la medicina non potrà mai essere completamente automatizzata. L'intelligenza artificiale sarà certamente un aiuto straordinario, ma deve rimanere sotto il controllo umano. Il medico non scomparirà mai, perché all'IA manca ciò che è veramente necessario per curare, ossia il buon senso. Senza buon senso, la scienza rischia di diventare pericolosa, come è successo nel film "2001: Odissea nello spazio", dove la macchina, convinta di saperne più dell'uomo, ha finito per ribellarsi al suo creatore - conclude -. La tecnologia deve essere una compagna, non un padrone, e la medicina, per rimanere umana, deve continuare a essere guidata dal discernimento, dalla responsabilità e dalla misura".

 

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