Crescita Data Center in Italia. Parla Matteo Fici, co-fondatore di Assoprovider

Il mercato dei data center in Italia cresce del 17% nel 2024, ma l’elevato costo dell’energia resta critico. Parla Matteo Fici, co-fondatore di Assoprovider.

Foto di BalticServers.com da Wikimedia Commons
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7 min di lettura

Il mercato dei Data Center in Italia sta attraversando una fase di espansione senza precedenti. Nel 2024 sono stati raggiunti i 513 Megawatt grazie a nuove attivazioni di impianti che evidenziano un incremento del 17% rispetto al 2023. Dietro questi numeri, ciò che spinge l’aumento costante della domanda è la potenza di calcolo. Intelligenza artificiale, cloud e nuove applicazioni digitali stanno alimentando una crescita che sembra destinata a proseguire negli anni a venire.

In questo panorama due aziende si distinguono tra le altre per numeri e risultati. Assoprovider raccoglie oltre 200 piccole e medie aziende del settore delle comunicazioni elettroniche dislocate su tutto il territorio italiano e TGLOBAL Srl fornisce piattaforme online di CMS (CONTENT MANAGEMENT SYSTEM) personalizzate e servizi di DATA RETENTION, secondo i dettami del Garante per la protezione dei dati personali. Terzanotizia ha intervistato Matteo Fici, co-fondatore di assoprovider e tesoriere di TGLOBAL Srl.

Può riassumere brevemente il ruolo di Assoprovider nel panorama di internet italiano e come si potrebbe articolare la vostra politica aziendale in riferimento alle nuove infrastrutture dell'intelligenza artificiale come i Data Center?

Noi siamo nati praticamente assieme all'internet commerciale italiana. Da quando internet è diventata un fenomeno che interessa tutta la popolazione e non solo le università abbiamo seguito la parte "connettività", lo sviluppo dei servizi e tutta la gestione dei dati, ma anche la lotta alla pirateria. Siamo anche stati impegnati nella partenza del Wi-Fi per uso pubblico. Oggi ci interessiamo allo sviluppo dei Data Center e in particolare all'intelligenza artificiale. Ci muoviamo sempre nella logica di operatori di prossimità, perché se internet deve essere un motore di crescita con tutto ciò che ci gira su (Data Center e IA), le competenze e le infrastrutture devono essere diffuse sul territorio, prossime alle popolazioni e ai suoi bisogni, e alle migliaia di PMI sparse su di esso.

In Italia è stata registrata una crescita del mercato dei Data Center del +17% nel 2024 rispetto all'anno precedente. Questa cifra rispecchia i dati in vostro possesso? E che percentuale potremmo raggiungere entro la fine del 2025?

La potenza nominale a fine 2024 risulta essere di 513 MW e gli scenari peggiore e migliore prevedono rispettivamente un aumento del 27% o del 37%, ma anche con un +24% si tratterebbe comunque di un bel salto. 

Milano sta facendo da guida per questa tipologia di mercato, ma altre città, come Palermo, si stanno muovendo con decisione nel settore. Quali sono le differenze territoriali che creano difficoltà per lo sviluppo di un Data Center al Sud rispetto al Nord?

L'efficienza della burocrazia mostra ancora un bel gap tra Nord e Sud e questo secondo me è il problema principale per qualsiasi attività imprenditoriale, anche per i Data Center. Poi in realtà gli ostacoli alla creazione di nuovi Data Center (almeno quelli medi e piccoli) in Italia, non li vedo molto differenti tra Nord e Sud, tant'è vero che anche Palermo sta giocando un suo ruolo interessante. Noi avremmo da sfruttare le dorsali che arrivano in Sicilia (sottomarine e via satellite) e l'energia, che è il vero problema per il costo. Qui al Sud possiamo contare sulle rinnovabili, ma è una carta che bisogna saper giocare e senza dimenticare la vicinanza, non solo fisica, col continente africano, che aprirebbe praterie all'innovazione se queste carte le giocassimo la. Diciamo, infine, che c'è come al solito più spirito imprenditoriale e commerciale a Milano rispetto al Sud Italia, ma ci stiamo attivando per recuperare il gap Sud/Nord. 

Che peso ha la disponibilità di fonti rinnovabili nel decidere l'ubicazione di nuovi Data Center e quanto incidono normative o incentivi per la costruzione di essi?

La disponibilità di fonti rinnovabili incide moltissimo. I Data Center cercano energia stabile, abbondante e green per ridurre costi e CO₂. Per quanto concerne l'efficienza energetica, i Data Center devono adottare tecnologie cloud e AI "state-of-the-art" (diciamo all'avanguardia) con attenzione all'impronta ambientale e al consumo energetico. Per l'ubicazione, invece, va favorita la vicinanza a fonti rinnovabili e la possibilità di eseguire AI "on-site", dove i dati vengono generati. Questo ci sta a cuore in quanto Assoprovider promuove da sempre il concetto di operatore di prossimità. Sul fronte normativo pesano già GDPR e Cybersecurity Act, mentre AI Act ed EU Cloud and AI Development Act definiranno sostenibilità, sicurezza e interoperabilità future. In merito all'interoperabilità, i Data Center devono essere parte di un ecosistema federato europeo, con standard comuni e accesso non discriminatorio. E ancora, per quanto riguarda la sicurezza e la resilienza, devono rispettare GDPR, DGA, Cybersecurity Act ed AI Act, assicurando trasferimento e trattamento sicuro dei dati. 

Il costo elevato dell'energia elettrica in Italia è stato indicato come la vera "criticità" per questo settore in espansione, rilevando costi medi di circa 133,5€/MWh, ben più alto del resto d'Euorpa. Quali proposte concrete stanno emergendo per affrontare il problema?

Non possiamo entrarre qui in temi macroeconomici come la soluzione al costo generale dell'energia in Italia, però, se i Data Center, soprattutto quelli medio/piccoli di prossimità, si renderanno mediamente autonomi, utilizzando magari fonti di energia rinnovabile un po' come accade nell'agrivoltaico, le semplificazioni autorizzative li favorirebbero verso una loro piena autonomia energetica. 

Lei pensa che gli incentivi statali bastino per far decidere agli italiani di investire nel loro Paese invece di rivolgersi all'estero? Considerando che la maggior parte delle infrastrutture legate all'IA sono create e gestite da terzi. 

Qua bisogna fare molto di più. Io mi occupo di formazione alla "Entrepreneurship" (Imprenditorialità o spirito d'impresa) nel Sud e per i giovani, e ho sempre difficoltà a parlare loro di start up, quando il mercato del capitale di rischio in Italia praticamente non esiste ancora. Il Paese deve decidere se puntare su innovazione o no. E quello che si è fatto finora non è assolutamente sufficiente. Naturalmente con le dovute eccezioni di Milano ed in parte di Roma, è praticamente impossibile trovare dei soci privati che vogliano investire sulle nostre idee. 

Se guardiamo al 2030, che scenari prevede per il mercato dei Data Center in Italia? 

Mi augurerei un modello di sviluppo simile a quello degli Edge Data Center (piccoli centri di elaborazione dati posizionati strategicamente vicino all'utente finale o al punto di origine dei dati) che è coerente con la missione di Assoprovider di operatori di prossimità, e questo vale sia per i Data Center al servizio delle Pubbliche Amministrazioni, sia per quelli al servizio delle imprese. Prendiamo, per esempio, il modello attuale scelto per le PA, incentrato sul Polo Strategico Nazionale, che ha garantito una base solida per le grandi amministrazioni centrali e per le aziende sanitarie. E Tuttavia, sono emersi dei limiti presso la pubblica amministrazione locale. I principali ostacoli emersi sono: la scarsa disponibilità di infrastrutture di rete ad alta velocità su vaste aree del Paese e un modello organizzativo che non riesce a rispondere alle esigenze di migliaia di piccoli enti. A ciò si aggiunge la carenza di competenze digitali reperibili sul mercato, fondamentali per accompagnare la transizione. Nel frattempo l'evoluzione dell'intelligenza artificiale ha aperto nuove prospettive per le Pubbliche Amministrazioni quali assistenti virtuali avanzati, generazione automatica di documenti amministrativi, interazioni più efficaci con i cittadini. Tecnologie queste, che se integrate, possono migliorare radicalmente l'efficienza e la qualità dei servizi pubblici, portando benefici tangibili in termini di automazione, creatività e capacità di rispondere a esigenze complesse in modo efficace. La risposta per le PA è il cloud federato, un modello che si affianchi al PSN, focalizzato sui dati nazionali strategici e le amministrazioni centrali, ma anche entità pubbliche distribuite sul territorio. Queste realtà, già oggi dotate di Data Center certificati e sicuri, rappresentano una risorsa preziosa, poiché garantiscono prossimità ai territori, controllo pubblico "end-to-end" dei dati, competenze consolidate e investimenti già realizzati. Ed è proprio il tema della prossimità che apre alla dimensione dell'edge cloud: nodi locali di elaborazione che, collegati al sistema federato, permettono di gestire dati e servizi vicino alla loro fonte di produzione. Questa architettura distribuita è cruciale per applicazioni che richiedono bassa latenza e sicurezza, come la telemedicina, i sistemi di monitoraggio ambientale, la gestione delle emergenze o i servizi di mobilità intelligente. Con l'edge cloud, i territori possono beneficiare di capacità di calcolo avanzate senza dover dipendere esclusivamente da Data Center centralizzati, riducendo costi e tempi di accesso ai servizi. 
In un modello federato basato su architetture edge sarà possibile distribuire capacità computazionele avanzata sul territorio, sviluppare modelli di IA specifici per i diversi settori della PA e per i contesti territoriali, e applicare tecniche di "federated learning" (è una tecnica di Machine Learning che addestra modelli di Intelligenza Artificiale in modo collaborativo e decentralizzato, senza che i dati grezzi vengano condivisi e spostati dai dispositivi locali) che consentono di addestrate algoritmi mantenendo i dati nei territori di origine e nel pieno rispetto della privacy e della sicurezza. E siccome l'Italia funziona così anche nel mondo imprenditoriale, con una miriade di PMI distribuite sul territorio che per crescere assieme hanno bisogno di copperare tramite i Data Center più vicini possibile a loro, se nel ragionamento sostituiamo la PA con le imprese italiane, il discorso rimane identico nella sua validità. 

Il cloud federato e il modello edge cloud rappresentano insieme la via italiana alla sovranità digitale.

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