Il 7 novembre 2025 l’Associazione Europea dei Produttori di Giocattoli ha pubblicato i dati del nuovo rapporto sul settore dei cosiddetti AI toys, rivelando una crescita del 34 % rispetto all’anno precedente. I prodotti che integrano funzioni di riconoscimento vocale, interazione adattiva e apprendimento automatico stanno conquistando non solo i negozi ma anche le scuole dell’infanzia. Dalle bambole che rispondono alle emozioni alle costruzioni che insegnano logica e linguaggio, l’intelligenza artificiale è entrata nella stanza dei bambini.
Le aziende parlano di “gioco educativo aumentato”: l’IA riconosce schemi, personalizza risposte e incoraggia la curiosità. Alcuni modelli si connettono a piattaforme cloud per aggiornare contenuti e attività, adattandosi al livello cognitivo del bambino. L’obiettivo dichiarato è rendere il gioco un’esperienza di apprendimento continuo, in grado di sviluppare competenze linguistiche, spaziali e relazionali.
Ma la dimensione educativa non è priva di ambiguità. Psicologi e pedagogisti avvertono che il contatto precoce con sistemi interattivi può modificare la percezione dell’attenzione e della frustrazione. Un giocattolo che risponde sempre e non si stanca mai rischia di ridurre la tolleranza all’attesa e la capacità di interazione con altri bambini. Il gioco mediato dalla macchina diventa relazione simulata, e ciò può influire sullo sviluppo dell’empatia e sulla distinzione tra reale e virtuale.
Sul fronte della privacy le preoccupazioni aumentano. Molti AI toys raccolgono dati vocali e comportamentali che vengono analizzati dai produttori per migliorare le risposte del sistema. Le autorità europee hanno avviato un tavolo di lavoro per definire regole su archiviazione e anonimizzazione, considerando i minori “soggetti vulnerabili digitali”. Alcune aziende hanno introdotto modalità offline per limitare il tracciamento, ma la sicurezza dei dati resta un nodo aperto.
Il mercato, intanto, cresce spinto dalla convergenza tra tecnologia ed educazione. I genitori vedono in questi strumenti un modo per preparare i figli al futuro digitale, le scuole li sperimentano come supporti didattici, e i governi investono in programmi che uniscono gioco e alfabetizzazione informatica. È la nascita di una nuova pedagogia in cui l’apprendimento passa anche dal dialogo con l’intelligenza artificiale.
Gli educatori più cauti ricordano che la tecnologia deve restare un mezzo e non un modello. Un giocattolo intelligente può stimolare, ma non sostituire la relazione educativa, che nasce dallo sguardo e dalla reciprocità. L’IA può insegnare a contare, non a capire il valore del numero; può leggere storie, ma non trasmettere l’esperienza di chi le racconta.
Alla fine, la sfida non è insegnare ai bambini a usare la tecnologia, ma insegnare alla tecnologia a rispettare i bambini. L’educazione digitale comincia dal modo in cui l’infanzia incontra la macchina, e da come noi adulti scegliamo di restare presenti in quell’incontro.