Il Regno Unito fa sul serio con l'IA nel cinema: arriva la guida per non sbagliare

Il British Film Institute ha messo nero su bianco quello che molti nel settore stavano aspettando: una roadmap per usare l'intelligenza artificiale nel cinema senza combinare disastri. Il rapporto "AI in the Screen Sector" non gira intorno al problema e va dritto al punto: l'IA può essere una manna dal cielo o un incubo, dipende da come la usiamo.
Il copyright è un caos (e lo sanno tutti)
Partiamo dal problema più grosso: le aziende di IA stanno usando copioni senza chiedere il permesso. Stiamo parlando di oltre 100.000 sceneggiature di film e serie TV finite nei loro database senza che nessuno abbia pagato un centesimo agli autori.
Il BFI non usa giri di parole: questa roba "minaccia l'economia del settore". È un po' come se qualcuno prendesse il tuo lavoro, lo copiasse e poi ti facesse concorrenza gratis. Non ci vuole un genio per capire che non funziona così.
Ma non è solo il copyright il problema. C'è anche la paura che l'IA sostituisca le persone, che consumi troppa energia e che alla fine i contenuti diventino tutti uguali perché basati sugli stessi dati.
L'altra faccia della medaglia: democratizzare il cinema
Però aspettate, non è tutto nero. L'IA potrebbe davvero cambiare le carte in tavola per i creativi con budget ridotti. Immaginate: uno sceneggiatore alle prime armi che riesce a produrre contenuti di qualità senza dover sborsare cifre da capogiro.
Channel 4 e Aardman (quelli di Wallace e Gromit, per intenderci) stanno già lavorando su Charismatic, un progetto per rendere gli strumenti IA accessibili a tutti. L'idea è semplice: non importa se sei Steven Spielberg o un ragazzo con una videocamera, gli strumenti devono essere alla portata di tutti.
Chi sta già sperimentando (con risultati veri)
Non stiamo parlando solo di teoria. La BBC sta facendo test seri con l'intelligenza artificiale, mentre gli archivi del BFI stanno provando l'IA per i sottotitoli automatici e la catalogazione dei contenuti. Roba concreta, insomma.
E poi c'è l'esempio che ha fatto più rumore: "The Brutalist", il film che ha vinto l'Oscar, ha usato l'IA in post-produzione per sistemare gli accenti dei personaggi. Non per sostituire gli attori, ma per rendere tutto più autentico. Ecco, questo è il tipo di uso intelligente che potrebbe fare la differenza.
Il Regno Unito ha le carte giuste
Gli inglesi partono avvantaggiati. Con 13.000 aziende di tecnologia creativa sparse per il paese, hanno già l'ecosistema giusto per cavalcare questa onda. Settori come il doppiaggio, gli effetti speciali e la narrazione interattiva potrebbero beneficiarne parecchio.
Rishi Coupland del BFI la mette così: "L'IA fa parte del nostro toolkit creativo da tempo", ma adesso il ritmo si è accelerato e servono investimenti milionari per stare al passo.
Il momento giusto per decidere
Il professor Jonny Freeman, che coordina il CoStar Foresight Lab, centra il punto: l'IA può migliorare creatività ed efficienza in ogni fase della produzione - dalla scrittura della sceneggiatura alla distribuzione - ma solleva domande serie su lavoro, etica e sostenibilità.
Non è una questione di essere pro o contro l'IA. È una questione di capire come usarla bene, adesso che siamo ancora in tempo per decidere le regole del gioco.
Le nove regole per non sbagliare
Il BFI ha stilato nove raccomandazioni concrete per un'integrazione "etica, sostenibile e inclusiva" dell'IA. L'obiettivo è permettere alle aziende britanniche di competere a livello globale senza perdere l'anima creativa che le ha rese famose.
Il tempismo non è casuale. Mentre a Hollywood si discute ancora, il Regno Unito prova a prendere l'iniziativa e definire gli standard. Una mossa intelligente, considerando che il primo a stabilire le regole di solito ha un vantaggio su tutti gli altri.
La partita è appena iniziata, ma almeno ora c'è una mappa per orientarsi.