Il 3 novembre 2025 OpenAI ha annunciato una partnership pluriennale con Amazon Web Services per potenziare l’infrastruttura necessaria ai propri modelli di intelligenza artificiale. L’accordo, stimato in decine di miliardi di dollari, prevede l’uso esteso dei data center Amazon e dei processori Nvidia per sostenere la prossima generazione di modelli linguistici.
La mossa arriva in un momento in cui la competizione globale per il controllo dell’IA si concentra sempre più sull’infrastruttura. La potenza di calcolo è diventata la nuova valuta dell’innovazione e le grandi aziende del settore stanno consolidando la propria posizione con investimenti senza precedenti. Dopo l’accordo storico con Microsoft, OpenAI sceglie ora una strategia multi-partner per diversificare la propria base tecnologica e ridurre la dipendenza da un solo fornitore.
Amazon ottiene così un ruolo centrale nella catena di valore dell’intelligenza artificiale, integrando i propri servizi cloud con le tecnologie più avanzate di calcolo. Allo stesso tempo Nvidia, fornitore dei chip grafici utilizzati nei data center, consolida la sua posizione di leader assoluto nella produzione di hardware per l’IA, beneficiando della domanda crescente di sistemi di elaborazione ad alte prestazioni.
Per Microsoft l’accordo rappresenta una sfida indiretta: la sua storica collaborazione con OpenAI non viene interrotta, ma perde l’esclusività che aveva caratterizzato la prima fase della partnership. Le tre società, pur concorrenti, sembrano convergere verso un modello di cooperazione strategica che mira a dominare le infrastrutture su cui si regge l’intelligenza artificiale generativa.
Le implicazioni economiche e geopolitiche sono notevoli. La concentrazione del potere computazionale nelle mani di pochi attori statunitensi accentua lo squilibrio con l’Europa e con le economie emergenti, che faticano a tenere il passo con i costi di accesso alle risorse hardware e cloud. Gli analisti parlano di una nuova forma di sovranità tecnologica, dove a contare non è solo la capacità di produrre algoritmi, ma di controllare l’energia e l’infrastruttura che li alimentano.
Sul piano finanziario, l’ondata di investimenti solleva interrogativi sulla sostenibilità del modello economico dell’IA. I costi di addestramento di un singolo modello superano ormai le centinaia di milioni di dollari, e la redditività delle piattaforme dipende sempre più dalla capacità di offrire servizi differenziati a governi, aziende e istituzioni.
Alla fine, la nuova alleanza non è solo una strategia di mercato. È la conferma che l’intelligenza artificiale è entrata nella sua fase industriale. Chi controlla i chip e i data center controlla anche la direzione del futuro digitale. E il futuro, questa volta, sembra appartenere a chi possiede la potenza per addestrarlo.