Gio-va-no-tti, Gio-va-no-tti, Gio-va-no-tti… In tutte le tappe del PalaJova tour, dalla platea si alza un suono crescente che scandisce il suo nome come un mantra e i suoi Fan saltano insieme in una sorta di rito apotropaico. La sensazione è quella di far parte di un cerchio magico, e parole come sacro, anima, spiritualità in questo luogo si offrono a chi le vuole accogliere, mentre lui, Lorenzo Cherubini, si muove sul palco come uno sciamano.
Una materia fredda come l’intelligenza artificiale sembrerebbe non avere diritto di cittadinanza nell’universo di Jovanotti, eppure Lorenzo affronta il tema dell’intelligenza artificiale con la stessa curiosità da esploratore che ha sempre guidato la sua carriera, e la porta sul palco da protagonista. Certo mette in chiaro che il punto è chi controlla chi. Già due anni fa ai microfoni di Radio Deejay dichiarava che «puoi usarla in maniera creativa o puoi farti usare da lei.» E sempre nel 2023, alla conferenza stampa del PalaJova, chiariva meglio che «L’intelligenza artificiale come tutte le intelligenze non basta, ha molti pregi ma non va lasciata ad agire da sola, serve la fantasia.» Più tardi, quando nel backstage, a fine concerto, lo interrogano riguardo alle immagini e alle scenografie generate con l’AI per i concerti, lui risponde che l’intelligenza artificiale «è una materia che puoi modellare, non una soluzione finale», ma uno stumento, che non va idolatrato né demonizzato, ma utilizzato come gli altri strumenti tecnologici che hanno trasformato la musica, ad esempio l’autotune.
Secondo il noto cantautore ci sono strumenti che possono essere favolosi se usati con creatività per arricchire l’opera umana, ma rischiano di diventare pericolosi quando è la tecnologia che comanda il processo creativo.
Uso pratico visual, scenografia e sperimentazione sonora
Nei discorsi sul suo tour (PalaJova) e sul lavoro visivo, Jovanotti ha raccontato come le ispirazioni generate con l’AI abbiano contribuito alla scenografia e alle immagini che accompagnano i concerti, non come sostituto dell’arte, ma come materia prima da modellare con l’occhio umano. Nelle produzioni più recenti dell’artista l’AI entra anche in ambiti sonori e visivi, come manipolazioni e suggestioni che cambiano i connotati vocali o creano ombre di artisti diversi proiettate sul suo corpo. L’effetto è strabiliante e il successo scenico garantito, tuttavia questo espediente non ha mancato di sollevare domande etiche oltre che estetiche.
Anche se Jovanotti non ha elaborato una posizione tecnica su copyright o regolamentazione, le sue osservazioni implicano preoccupazioni condivise da molti artisti. La facilità con cui l’AI può ricreare timbri, stili e persino riferimenti riconoscibili solleva questioni su paternità, autenticità e tutela del lavoro creativo. Nei contesti in cui menziona imitazioni vocali o "connotati che cambiano", si percepisce la necessità di regole e di una discussione collettiva su limiti e tutele.
Uno sperimentatore con i piedi per terra
La posizione di Jovanotti sull’AI in definitiva sembra essere quella di un’apertura curiosa ma non acritica. Il suo è l’atteggiamento di chi ha sempre adottato nuove tecnologie, dall’autotune alle soluzioni scenografiche digitali, ma vuole mantenere il controllo creativo e usare l’AI come strumento che amplifica l’idea umana, non come sostituto dell’ispirazione o del giudizio artistico.