La fiducia nell’intelligenza artificiale cala nel mondo

Un’indagine condotta su 25 paesi rivela che solo il 30 % degli utenti si dichiara più entusiasta che preoccupato. Cresce l’inquietudine per privacy, disinformazione e perdita di controllo umano.

La fiducia nell’intelligenza artificiale cala nel mondo
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Il 15 ottobre 2025 il Pew Research Center ha pubblicato un rapporto internazionale che mostra un netto calo della fiducia nei confronti dell’intelligenza artificiale. La ricerca, condotta su 25 paesi, rivela che solo il 30 % degli intervistati si dichiara più entusiasta che preoccupato rispetto al futuro dell’IA. In molte economie avanzate, come Stati Uniti, Germania e Giappone, la maggioranza degli adulti considera la tecnologia potenzialmente utile ma rischiosa se non regolamentata.

I dati mostrano un’inversione di tendenza rispetto a due anni fa, quando prevaleva la curiosità positiva. Oggi, il sentimento dominante è la diffidenza: timori legati alla perdita di posti di lavoro, alla manipolazione dell’informazione e alla sicurezza dei dati personali hanno ridotto la percezione di affidabilità. Nei paesi europei, la fiducia media è scesa sotto il 35 %, con picchi di scetticismo in Francia e in Italia, dove oltre la metà degli intervistati dichiara di non sentirsi rappresentata nei processi decisionali che riguardano l’uso dell’IA.

Secondo il rapporto, l’accettazione pubblica dell’intelligenza artificiale dipende da tre fattori principali: trasparenza, responsabilità e impatto economico. Laddove i cittadini percepiscono che i sistemi vengono controllati da autorità indipendenti e sottoposti a verifiche etiche, il consenso cresce. Al contrario, quando l’IA viene associata a sorveglianza, opacità o automazione incontrollata, la fiducia crolla rapidamente.

Anche uno studio condotto dall’University of Melbourne in collaborazione con KPMG conferma la tendenza. Nei paesi dove l’IA è più integrata nei servizi pubblici, come Singapore o Canada, la fiducia resta relativamente alta. Ma nelle nazioni con forti disuguaglianze digitali o scarsa alfabetizzazione tecnologica il sospetto aumenta. È un divario culturale, prima ancora che tecnologico, che mette in discussione la capacità dei governi di comunicare rischi e benefici in modo equilibrato.

L’analisi del Pew Research indica che la disinformazione è oggi il fattore che più incide sulla percezione collettiva. Molti intervistati affermano di aver incontrato online contenuti generati da IA senza riconoscerli come tali. L’idea che la tecnologia possa creare realtà alternative mina la fiducia stessa nell’informazione, trasformando la trasparenza in un valore raro.

Il quadro che emerge è di una società globale divisa tra fascino e paura. L’IA è ormai parte del quotidiano, ma la fiducia che la accompagna non cresce con la stessa velocità. Le aziende tecnologiche promettono strumenti più sicuri e responsabili, ma la credibilità non si costruisce con aggiornamenti o campagne pubblicitarie. Si costruisce con coerenza, chiarezza e responsabilità.

Alla fine, la vera misura del progresso non sarà quanto l’IA saprà capire l’uomo, ma quanto l’uomo saprà ancora fidarsi della propria intelligenza.

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