L’IA decifra i segreti delle lingue perdute

21 Marzo 2025 - 16:18
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L’IA decifra i segreti delle lingue perdute
Immagine generata con AI

C’è un momento, quando si lavora con i testi antichi, in cui ci si arrende al silenzio. Lettere svanite, frammenti spezzati, inchiostro mangiato dal tempo.

Per secoli, quel silenzio è rimasto lì, impassibile. Ora, qualcosa è cambiato. Da qualche anno, l’intelligenza artificiale ha iniziato a infilarsi tra le pieghe della storia, restituendo voce a ciò che credevamo perso.

E lo fa in un modo che ha il sapore della fantascienza, ma è cronaca di oggi.

In questo racconto, uno dei protagonisti si chiama ProtoSnap. Lo hanno messo a punto tra la Cornell University e l’Università di Tel Aviv. Il suo compito? Riconoscere e ricostruire i segni cuneiformi delle tavolette mesopotamiche, con una precisione che ha lasciato sbalorditi anche i più scettici. Parliamo di testi scritti oltre 4.000 anni fa, su argilla, con uno stilo appuntito.

Segni difficili da interpretare anche per gli studiosi più esperti.

Eppure, questa IA riesce a "leggere" quei segni, allinearli con prototipi digitali e restituirne una versione ad altissima fedeltà. È come se qualcuno stesse scattando fotografie nitidissime del passato. Ma non è una macchina fotografica: è un algoritmo che impara.

Il valore di questo lavoro è enorme. Nei depositi dei musei ci sono centinaia di migliaia di tavolette cuneiformi ancora da trascrivere. ProtoSnap promette di velocizzare questo processo come mai prima. Non si tratta solo di decifrare: si tratta di rendere accessibili informazioni che parlano di religioni, leggi, commerci, persino lamentele quotidiane di chi viveva tra l’Eufrate e il Tigri.

E non è l’unico a farsi strada in questo territorio affascinante. Un altro progetto, sempre firmato Tel Aviv, ha creato un traduttore automatico dall’accadico all’inglese. Sì, come Google Translate, ma per una lingua morta da millenni. Ovviamente non sostituisce l’occhio critico dell’assiriologo, ma riesce a fornire una prima bozza leggibile. Un supporto che libera tempo, energie, idee.

Poi c’è Ithaca, figlia di DeepMind. Qui il campo è quello delle iscrizioni greche.

Pietre consumate, lettere scomparse, contesti perduti. L’IA si allena su migliaia di testi antichi per completare le parti mancanti, suggerire date e luoghi d’origine. Funziona sorprendentemente bene: da sola raggiunge un’accuratezza del 62%. Ma quando collabora con gli studiosi umani, la percentuale sale al 72%. Non è solo una questione di efficienza: è un nuovo modo di lavorare, in cui il sapere umano e l’intelligenza artificiale si danno il cambio senza competizione.

E poi c’è il caso più poetico: i rotoli di Ercolano. Quella biblioteca sepolta dal Vesuvio che sembrava ormai persa per sempre. Dal 2023, grazie al Vesuvius Challenge e a un gruppo di ricercatori e studenti, sono comparse le prime parole leggibili da un papiro ancora arrotolato. "Porpora", si legge. Ed è come se da quel nero carbone si fosse accesa una luce. Pochi mesi dopo, sono emerse intere colonne. Un testo greco che nessuno aveva mai letto.

E forse è solo l’inizio.

Questi non sono miracoli tecnologici: sono strumenti nelle mani giuste. Nessuno qui vuole sostituire gli storici, i filologi, gli archeologi.

Ma dare loro una lente nuova, uno strumento in più. Perché ogni parola recuperata è un pezzo di umanità che torna a parlare.

La posta in gioco è enorme. La storia, quella con la S maiuscola, si fa anche così: un segno alla volta, una lettera restituita alla luce, una voce che riaffiora dal buio.

E oggi, per la prima volta, non siamo più soli a cercarle.

Fonti: Cornell University, Università di Tel Aviv, PNAS Nexus, The Guardian, Phys.org, Vesuvius Challenge, University of Kentucky, Nature, DeepMind, Ithaca Project, Smithsonian Magazine.