OECD lancia gli indicatori per misurare le capacità dell’intelligenza artificiale

L’organizzazione internazionale introduce una serie di indicatori che valutano le prestazioni dei modelli di IA rispetto alle abilità umane. Un primo passo verso test più solidi e comparabili su scala globale.

OECD lancia gli indicatori per misurare le capacità dell’intelligenza artificiale
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Il 3 giugno 2025 l’OECD aveva pubblicato la versione beta degli AI Capability Indicators, un sistema che valuta quanto i modelli di intelligenza artificiale si avvicinano alle competenze umane in nove domini, come linguaggio, ragionamento, creatività e manipolazione. L’annuncio, diffuso online e nelle conferenze di politiche tecnologiche, segna una svolta nella misurazione dell’IA.

Fino a oggi le prestazioni dei modelli erano valutate principalmente tramite benchmark tecnici, ma questi test misuravano compiti specifici e non riflettevano pienamente la complessità dell’intelligenza umana. Con gli indicatori dell’OECD si punta a misurare capacità più ampie: la capacità di generalizzare, di interagire socialmente e di apprendere in ambienti variabili. Il rapporto riporta che molti modelli attuali si collocano tra i livelli 2 e 3 su una scala da 1 a 5.

Il progetto nasce dalla divisione AI and Future of Skills della stessa OECD, che coinvolge ricercatori in scienze cognitive, economia del lavoro e IA. L’obiettivo è aiutare governatori, educatori e policy maker a capire quali competenze umane sono ancora lontane dall’essere replicate dalle macchine e orientare formazione e regolamentazione. Il sistema prevede che il livello 5 rappresenti la piena equivalenza umana – una soglia che, al momento, nessun modello ha raggiunto.

La novità educativa non si ferma qui. Il rapporto segnala che, se l’IA colma alcune lacune operative, le abilità più critiche per il futuro sono quelle che richiedono empatia, creatività autentica e adattamento a contesti imprevedibili. In altre parole, le scuole e le università dovranno preparare gli studenti a lavorare con l’IA, non solo sotto la sua guida. Le implicazioni per la formazione e il lavoro sono enormi: bolle occupazionali, cambi nella catena delle competenze e nuovi rischi di esclusione rientrano tra le preoccupazioni indicate.

Dal punto di vista pratico gli indicatori permetteranno di comparare paesi diversi, valutare progressi nel tempo e supportare decisioni su investimenti in ricerca e formazione. Data la velocità con cui l’IA evolve, l’OECD ha previsto aggiornamenti regolari e un programma di monitoraggio che ambisce a diventare un “PISA per l’intelligenza artificiale”. Tuttavia, gli autori avvertono che il primo rapporto è solo un inizio e che la metodologia sarà raffinata in base ai feedback della comunità internazionale.

Non mancano criticità. Alcuni esperti mettono in guardia sul fatto che misurare abilità complesse può generare riduzionismi: trasformare l’intelligenza in punteggio rischia di semplificare fenomeni umani e sociali. Inoltre, la standardizzazione internazionale può non tener conto di contesti culturali, economici e formativi differenti. La misura, insomma, è utile, ma è anche un atto di potere: decidere cosa contare significa decidere cosa valorizzare.

Alla fine, gli indicatori dell’OECD non parlano solo della potenza delle macchine ma della nostra lente d’osservazione sull’intelligenza. Non si tratta di battere l’IA ma di capire dove restiamo indispensabili.

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