Il 6 novembre 2025 l’azienda di outplacement Challenger, Gray & Christmas ha reso noto che negli Stati Uniti sono stati annunciati 153 074 licenziamenti nel solo mese di ottobre, il livello più alto per quel mese dal 2003. Le cifre emergono mentre le autorità federali non pubblicano i dati ufficiali a causa dello shutdown del governo iniziato il primo ottobre.
Le imprese private che comunicano riduzioni del personale indicano come motivi principali i tagli ai costi operativi, seguiti dall’adozione dell’intelligenza artificiale per automatizzare attività precedentemente svolte da esseri umani. I settori più colpiti sono la tecnologia, la logistica e la vendita al dettaglio. Nell’intero 2025 fino a ottobre gli annunci totali di tagli sfiorano gli 1,1 milioni, con un aumento del 65% rispetto allo stesso periodo del 2024.
Anche se il mercato del lavoro Usa aveva mantenuto fino a pochi mesi fa una certa resilienza, i segnali di rallentamento diventano sempre più evidenti. Alcuni rapporti indicano che il tasso di disoccupazione stimato è salito a 4,36%. L’impatto dei licenziamenti e la contrazione dell’assunzioni indicano che la fase espansiva post-pandemica sta lasciando spazio a una fase di aggiustamento.
Il fenomeno solleva questioni profonde: se l’automazione e l’intelligenza artificiale accelerano la riduzione del lavoro umano, quale sarà il ruolo residuo dell’attività per milioni di persone? Quali politiche servono per evitare che la trasformazione tecnologica generi esclusione anziché progresso? Il confronto tra innovazione e protezione sociale torna al centro della scena.
Alla fine, più di ogni dato esprime il punto di svolta del mercato del lavoro: non è solo questione di numeri, ma di come società, economia e tecnologia stanno ridefinendo insieme il valore del lavoro umano.