Algoritmi vs Destino: l'AI sta rivoluzionando la medicina delle malattie rare

Una Corsa Contro il Tempo
Joseph soffre della Sindrome POEMS, una malattia rara del sangue che colpisce nervi, cuore e reni. Quando i medici gli hanno detto che nemmeno un trapianto di staminali poteva salvarlo, la sua fidanzata ha contattato il dottor David Fajgenbaum, un medico di Philadelphia con una storia simile: sopravvissuto a una malattia rara grazie a un farmaco "riposizionato".
Fajgenbaum, con l’aiuto di un algoritmo, ha proposto una terapia mai provata prima: chemio, immunoterapia e steroidi. "Era rischioso, ma qualcuno doveva essere il primo", ha spiegato l’oncologo di Joseph, Wayne Gao, al New York Times. Oggi Joseph è in remissione e ha ripreso peso.
Il "Repurposing": Vecchi Farmaci, Nuove Speranze
Il segreto? Il riposizionamento dei farmaci (drug repurposing), ovvero usare medicinali già esistenti per curare malattie diverse da quelle per cui sono stati creati. Un esempio celebre è l’aspirina, nata come antidolorifico e oggi usata per prevenire infarti.
L’AI accelera questo processo: analizza milioni di dati per trovare connessioni invisibili all’occhio umano. "È come dare dei razzi a un tesoro di medicine già disponibili", spiega Donald C. Lo, esperto di terapie innovative.
Every Cure: La Startup che Scommette sull’AI
Nel 2022, Fajgenbaum ha fondato Every Cure, una no-profit che usa algoritmi per confrontare 4.000 farmaci con 18.500 malattie. Ogni farmaco riceve un "punteggio" di efficacia potenziale. I risultati vengono poi verificati da ricercatori e testati in laboratorio o su pazienti senza alternative.
"Questo è un AI di cui non dobbiamo avere paura", afferma Grant Mitchell, co-fondatore di Every Cure. Ma c’è un problema: chi ci guadagna? "Se crei un nuovo farmaco, fai soldi. Se riusi un vecchio, nessuno ci guadagna", spiega Fajgenbaum*. Un ostacolo economico che potrebbe rallentare la rivoluzione.
La Storia (Personale) del Dottore che ha Sfidato Se Stesso
Fajgenbaum non è solo un medico: è anche un paziente. Nel 2014, a 25 anni, gli fu diagnosticata la malattia di Castleman, una rara patologia dei linfonodi. Senza AI a disposizione, testò su se stesso il sirolimus, un farmaco anti-rigetto, entrando in remissione. Da lì, l’idea: "Se ha funzionato per me, può funzionare per altri".
AI in Medicina: Non Tutto è Oro
L’entusiasmo, però, va temperato. Alcuni studi evidenziano limiti:
Un report su Communications Medicine ha rilevato che alcuni algoritmi predittivi per pazienti ospedalizzati mancano il 66% delle complicazioni fatali.
Secondo Health Affairs, il 65% degli ospedali USA usa modelli AI per decisioni cliniche, ma "i dati da soli non bastano", avverte Daphne Yao, informatica del Virginia Tech.
La Sfida: Umanità e Tecnologia Insieme
La storia di Joseph dimostra che l’AI può essere un’alleata, ma non sostituisce medici e ricerca. "Serve un equilibrio tra algoritmi e competenza umana", sottolinea Fajgenbaum.
E il futuro? Every Cure sta già collaborando con università in Giappone e Cina. Intanto, Joseph vive la sua seconda vita, e Fajgenbaum sogna un mondo in cui nessuna malattia rara sia incurabile.