L’accelerazione apparente

5 Agosto 2025 - 16:54
5 Agosto 2025 - 16:55
 0  7
L’accelerazione apparente

Per anni ci siamo chiesti dove fosse finita l’innovazione. Gli smartphone piegavano, le auto elettriche acceleravano, ma il senso di stupore sembrava essersi smarrito. Ogni fiera tecnologica portava in scena dispositivi più lucidi, più sottili, più performanti, ma fondamentalmente identici. A tenere banco erano solo le criptovalute, i token non fungibili, qualche suggestione sul metaverso e una blockchain che prometteva rivoluzioni più giuridiche che sociali. Poi, all’improvviso, l’intelligenza artificiale. Ma non è arrivata sotto forma di oggetto: nessuna nuova interfaccia, nessun salto hardware. Quello che è cambiato è il comportamento degli oggetti che già avevamo.

Ray-Ban che fino a ieri registravano video in bassa qualità oggi si vendono a milioni grazie a un assistente IA che commenta ciò che “vede”. Cellulari che da anni avevano smesso di stupire, oggi si promuovono per la loro “intelligenza”, non per la loro potenza. È la stessa macchina, ma adesso pensa. Non abbiamo accelerato, abbiamo solo cambiato punto di vista. Per questo l’accelerazione è apparente. Ma proprio per questo è pericolosamente affascinante.

Mi torna alla mente un esperimento di qualche anno fa. Una macchina fotografica senza obiettivo, la Paragraphica. Si puntava verso un luogo, si scattava e la macchina generava un’immagine basandosi su dati esterni: coordinate GPS, data, ora, meteo, luoghi vicini. Non vedeva nulla, ma restituiva una fotografia comunque. A Milano scattai in direzione del Duomo, dove c’erano lavori in corso. Nella foto generata non c’era alcun cantiere. Quella macchina, scomparsa quasi subito, sembrava allora un giocattolo provocatorio. A ripensarci oggi, era solo in anticipo. O forse eravamo noi a essere in ritardo.

Il dato ha sostituito la visione. L’algoritmo ha sostituito la lente. E ora anche la memoria visiva si affida all’inferenza, non più alla registrazione. I software di editing fotografico non modificano più l’immagine: la riscrivono. Photoshop oggi non cancella un dettaglio, ma lo reinventa. Non si elimina un soggetto: si rigenera uno sfondo che non esiste. Stiamo lasciando alle macchine il compito di suggerirci che cosa ci sarebbe stato “se”. E quel “se” diventa plausibile. Diventa condivisibile. Diventa virale.

Questo passaggio, dalla rappresentazione alla verosimiglianza, è sottile ma profondo. Perché se un giorno tutto sarà verosimile, allora ciò che non potremo verificare diventerà più prezioso di ciò che possiamo documentare. Sarà questo il vero lusso: l’inverificabile. L’unica cosa che ci permetterà ancora di dubitare. E forse, di pensare.