Apple Intelligence è arrivata, ma serve davvero?

3 Aprile 2025 - 15:06
8 Aprile 2025 - 12:21
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Apple Intelligence è arrivata, ma serve davvero?

Ho testato la nuova funzione implementata da Apple, dopo mesi di annunci, video patinati e promesse al limite dell’evangelizzazione digitale, Apple Intelligence è finalmente sbarcata anche in italiano.

L’aggiornamento è arrivato con iOS 18.4, iPadOS 18.4 e macOS Sequoia 15.4, portando con sé nuove funzionalità che, secondo Cupertino, dovrebbero cambiare il nostro rapporto con i dispositivi.

Ma a pochi giorni dal rilascio, la domanda non è “cos’è” Apple Intelligence.

La domanda vera è, ci serve davvero?

Apple Intelligence non è un assistente vocale che racconta barzellette né una IA generativa per scrivere romanzi. È un insieme di funzionalità integrate nei sistemi operativi: scrittura assistita, riassunti automatici, classificazione intelligente delle notifiche, Genmoji (emoji personalizzate), e un Image Playground per generare immagini da prompt.

Lato tecnico, il tutto si basa su un sistema ibrido, parte del lavoro lo fa il dispositivo, grazie al Neural Engine (quindi niente IA su iPhone se non hai almeno un iPhone 15 Pro o un Mac con chip M1 o successivi), mentre il resto lo gestisce il Private Cloud Compute di Apple. La promessa è: “niente dati rubati, tutto protetto, tutto tuo”. E su questo, almeno in apparenza, Apple tiene la barra dritta.

La realtà? A oggi, quello che fa lo fa bene, ma fa poco.

Le funzionalità sono poche, semplici, e non rivoluzionano ancora nulla. Il correttore “intelligente” per la scrittura è utile, ma non è poi così diverso da quello che già offrivano app come Grammarly o l’assistente Google. Le immagini generate con Image Playground sembrano più clipart animate che opere da prompt artistico, carine, certo, ma non indispensabili.

L’analisi del tono nei messaggi e i suggerimenti di riscrittura sono forse la cosa più interessante: aiutano a calibrare il linguaggio, evitare toni passivo-aggressivi o mail troppo fredde. Ma servono davvero a chi scrive già con una certa consapevolezza? Domanda aperta.

A oggi, Apple Intelligence è un assistente leggero. È pensato per chi non ha tempo di pensare, per chi lavora di corsa tra una riunione e una chiamata, per chi manda 30 email al giorno e ha bisogno che qualcun altro pensi alla forma mentre lui pensa al contenuto. In quest’ottica, funziona.

Ma se cerchi un assistente intelligente vero, capace di farti da interfaccia con il mondo, di sintetizzare il caos e restituirti solo quello che conta, allora Apple è ancora in fase beta.

Anche perché la vera IA conversazionale, quella promessa per Siri, capace di interagire con contesti, preferenze, app e file personali, è ancora un fantasma.

Rimandata, rimossa dal sito, senza una data certa.

In conclusione, promossa o boccita?

Dopo giorni di utilizzo in prima persona, Apple Intelligence non è una delusione.

È solo troppo timida per gridare al miracolo.

È la versione 1.0 di un’idea interessante, vestita con stile, ma che ancora non ha trovato la sua voce.

Funziona? Sì.
È utile? Dipende da chi sei.
Cambierà tutto? Non ancora.

Per ora, non è una rivoluzione, è una comoda scorciatoia. Il potenziale c’è, ma va ancora scavato.
E forse, più che intelligence, serve ancora un po’ di intelligenza critica da parte nostra.