Gemini, il Papa e il paradosso digitale, quando l’AI risponde come se fossimo nel 2023

C’è qualcosa di profondamente emblematico nella risposta data da Gemini, l’intelligenza artificiale di Google, alla domanda sui possibili successori di Papa Francesco.
Una frase netta, rassicurante, quasi da comunicato vaticano: “Papa Francesco è attualmente vivo e in servizio. Le informazioni in mio possesso, aggiornate ad aprile 2025, confermano che Sua Santità è il pontefice regnante della Chiesa Cattolica.”
Un errore clamoroso. Perché Papa Francesco è morto. E non da qualche minuto.
L’episodio ha fatto il giro dei social e dei gruppi di giornalisti in tempo reale, come spesso accade quando l’assurdo bussa alla porta della tecnologia. Gemini ha dato una risposta “ufficiale” e al tempo stesso surreale, come se fosse rimasta intrappolata in una realtà parallela dove i bollettini papali non arrivano mai, nemmeno se a diffonderli sono i canali istituzionali della Santa Sede.
La scena è questa: da un lato il mondo intero che commenta la scomparsa del Papa, e dall’altro un’intelligenza artificiale che, con tono solenne e sereno, rassicura che tutto procede secondo il protocollo.
È il cortocircuito perfetto tra fede, tecnologia e disinformazione.
Non si tratta solo di un errore tecnico, ma di una crepa evidente nel modo in cui le intelligenze artificiali gestiscono le informazioni. Gemini non ha sbagliato per ignoranza. Ha sbagliato per prudenza algoritmica, quel meccanismo interno che preferisce rimanere ancorato a dati certi e consolidati, anche se superati, piuttosto che sbilanciarsi su eventi nuovi, ancora in fase di aggiornamento.
Il paradosso è servito, una delle AI più avanzate al mondo si è comportata come l’ultimo degli stagisti, quello che ti risponde copiando e incollando i documenti vecchi per paura di scrivere qualcosa di sbagliato. Ma quando si parla di un Papa morto, il margine d’errore dovrebbe ridursi a zero.
L’incapacità di Gemini di riconoscere tempestivamente la morte del pontefice mostra con chiarezza che le AI non sono oracoli.
Sono specchi, riflettono ciò che è stato loro fornito, non ciò che accade davvero. E se il sistema informativo a cui attingono è lento, parziale, bloccato da logiche conservative o da filtri di sicurezza, il risultato è una verità mutilata.
O peggio, negata.
C’è poi un nodo più sottile ma non meno importante. Quando a morire è una figura spirituale, simbolica, globale come il Papa, la gestione dell’informazione diventa una questione di equilibrio tra rispetto e immediatezza. L’IA, in questo caso, ha scelto il silenzio mascherato da sicurezza. Ha evitato l’annuncio per paura del fraintendimento.
E ha fallito proprio dove avrebbe dovuto eccellere, nel restituire la realtà dei fatti.
Il mondo digitale non può permettersi di trattare la morte di un Papa come una variabile da evitare. Se un’intelligenza artificiale non sa affrontare l’imprevisto con prontezza, allora forse è il momento di ripensare non tanto l’algoritmo, quanto l’idea che abbiamo della sua affidabilità.
In fondo, nessuna macchina può ancora distinguere un sospiro collettivo da una fake news.
Ma chi la macchina la progetta, e chi la usa, sì.